Quando il Personal Trainer ha competenze “Trasversali”
Quando mi viene chiesto quale professione esercito ho qualche problemino nel rispondere, semplicemente perché al momento non c’è una sola parola per descrivere esattamente di cosa mi occupo nella vita quotidiana. Da qualche anno sto cercando di mettere in pratica le varie caratteristiche che mi distinguono come professionista nel mondo dello sport.
—-> Canale Youtube Alessandro Pardocchi Personal Trainer
Tutto è partito dal mio desiderio di fare della mia passione, lo sport, anche la mia professione, avendo praticato svariate attività (Calcio, Tennis, Triathlon) a livello giovanile dilettantistico e da adulto amatoriale ed essendomi sempre impegnato molto per raggiungere il mio limite, ho ben compreso a livello esperienziale e formativo, quello che manca nel panorama sportivo attuale, ovvero l’attenzione nella gestione della relazione dei rapporti umani per tutti gli atleti (dai giovani ai pro fino all’amatore o la persona che vuole solamente rimanere in forma)
La mia mission:
Io sono arrivato al Triathlon in tarda età e all’inizio come tutti era la classica “sfida con se stessi” che generava un obiettivo tangibile, partire da 0 e migliorarsi piano piano vedendo i risultati strada facendo. Ad un certo punto per migliorare le mie doti natatorie vado ad allenarmi con la squadra agonistica giovanile (andavano tutti molto forte, ma per me gli obiettivi erano diversi e quindi mi andava bene anche beccare qualche secondo di più a vasca). Durante un allenamento l’istruttore inveisce contro una ragazzo di circa 16 anni reo di aver fatto 2 serie da 100 mt in 2 secondi di troppo, prende la tavoletta e gliela sbatte nella testa insultandolo reiteratamente. Io rimango sbalordito, alla fine dell’allenamento chiedo all’allenatore come mai avesse fatto quel gesto e lui mi rispose “il nuoto è uno sport molto faticoso quindi per andare oltre il limite ci vogliono le maniere forti, non ce la fai ??!! avanti un altro, e poi a me hanno insegnato così !!”. Dopo quei gesti e quelle parole quello che avrei voluto fare nel mondo dello sport sarebbe andato in tutt’altra direzione.
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L’essere umano non è una macchina, con o senza una racchetta, una bici o un pallone, considerare gli atleti dei robot porta solo frustrazione e risultati discutibili, infatti il mio modo di lavorare con i miei clienti coinvolge l’essere in tutta la sua completezza attraverso l’ascolto, l’empatia operativa e soprattutto con il tentativo di sviluppare il più possibile la creazione di un’interlocuzione, ovvero un dialogo interiore positivo in modo che l’utente sportivo si faccia delle domande senza aspettare solo delle risposte dall’ambiente che lo circonda.
Fare il tecnico, motivare, sostenere ed aiutare l’atleta è un compito complesso ma non impossibile, basta uscire un attimo dai soliti schemi e non dare troppa importanza ai risultati. Anche se, nello sport sono fondamentali. L’Impegno e concentrazione sono estremamente necessari, ma senza la passione ed il divertimento si fa una gran fatica ad andare avanti. Quindi la strategia che utilizzo è quella di far comprendere all’atleta, che la ricerca del proprio limite sta proprio nell’atto di farlo solo per il gusto e la soddisfazione di averci provato fino in fondo secondo il proprio desiderio; il mio compito è quello di aiutare a dare una continuità a quella dinamica interiore virtuosa che viene comunemente chiamata nella psicologia dello sport motivazione intrinseca.
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Alessandro Pardocchi
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