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“Il limite è la saggezza di controbilanciare un senso di onnipotenza con l’umiltà di essere quello che si può essere e fare le cose che ci è dato di fare con posizione etica e responsabile nel nostro agire.” Patrizia Bova – Counselor
Valentino Rossi ha detto in un intervista al programma RAI “Sfide”:
“capire il limite è molto difficile, quindi, bisogna essere coraggiosi per arrivarci vicino, ma bisogna avere anche una certa sensibilità per cercare di non oltrepassarlo …….. troppe volte.”
Questa affermazione la dice lunga sul concetto di limite, che potrebbe essere considerata come una linea di demarcazione, una “frontiera” che il soggetto può valicare sporadicamente per capire fino a dove può arrivare, ma, come dice lo stesso Valentino, se, lo stesso soggetto esagera ne può pagare le conseguenze. Il Limite è uno degli aspetti umani dell’essere, oserei dire che è uno scoglio reale non visibile. In quest’epoca viene pubblicizzato lo slogan del «tutto è possibile» e ciò è assolutamente fuorviante, anzi, rischioso ed illusorio, infatti la differenza sta nel dire che in base al tuo desiderio ed alla tua volontà di impegnarti in un percorso duro e ostacolato, puoi fare di tutto per raggiungere l’obiettivo ma non è detto che tu ce la faccia, l’importante è nel provarci.
La parola resilienza indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate. Trasposto in campo psicologico si riferisce invece a una preziosa risorsa umana. Così la definisce Pietro Trabucchi, psicologo che si occupa da sempre di prestazione sportiva, in particolare di discipline di resistenza, e che al tema ha dedicato di recente un libro dal titolo Perseverare è umano: la resilienza psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino. Negli esseri umani la risposta allo stress e alle difficoltà non si realizza solo sotto forma di cambiamenti ormonali e di realizzazione di risposte comportamentali prefissate ma è soprattutto cognitiva. Sta nella capacità di guardare alla realtà in modo diverso e di vedere vie d’uscita dove sembra che non ce ne siano.
Quindi, domanda: Si può rinforzare la mente per diventare resilienti?
“Il mondo dello sport estremizza la necessità di resilienza. Dimostra con i fatti che la resilienza psicologica può essere appresa e migliorata. Ecco ciò che rende lo sport interessante per tutta la vita: il fisico, anche se allenato, declina. Ma la forza mentale può continuare a crescere sino all’ultimo. In Italia questo approccio sta crescendo molto in ambito sportivo, forse anche in seguito ai miei studi e libri sull’argomento. Io me ne sono servito per studiare e spiegare le carriere degli sportivi di alto livello. I modelli previsionali classici della prestazione sportiva si basano soprattutto su elementi fisiologici, cioè sulla valutazione del “motore” dell’atleta. Nelle discipline di resistenza, per esempio, un indicatore della cilindrata del motore è la quantità di ossigeno, cioè di benzina, che lo sportivo è in grado di usare. Più i valori sono elevati, più potente è il motore. In realtà la mia esperienza diretta è che molto spesso le previsioni basate esclusivamente sui fattori fisiologi sbagliano. Non sempre finiscono alle Olimpiadi quegli atleti con il “miglior motore”, ma quelli che nel quadriennio di qualifica sono stati capaci di impegnarsi di più, superare crisi, infortuni, errori di programmazione e stagnazione di risultati: i più motivati, i più resilienti cioè più capaci di far durare la motivazione. Anche al Tor des Geants, la gara più dura al mondo tra le corse in montagna, spesso giungono al traguardo persone con un fisico non esattamente scultoreo, mentre atleti dalla macchina molto più possente e prestante si ritirano.” –> Contenuto del Dott. P. Trabucchi psicologo sportivo
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Ma allora che cosa è veramente importante ? Andare oltre il limite ? Non mollare mai ? Sbombolarsi ? O …Ascoltarsi ? Lasciare che tutto scorra ? Rendere l’atteggiamento sulla prestazione un pò più umano ?
La risposta a queste domande non è affatto semplice. E’ dimostrato che all’abuso di resilienza c’è una forte risposta “stressogena” che genera vere e proprie problematiche esistenziali nell’atleta… e non solo, a volte può anche essere la causa di vere e proprie patologie sia fisiche che mentali. Vedasi articolo interessante riguardante l‘Overreaching e Overtaining. Quindi che fare ? Sicuramente apprendere o meglio ri-apprendere (perchè da piccoli sicuramente la avevamo già) una consapevolezza corporea ovvero saper ascoltare meglio il proprio corpo. A mio modo di vedere c’è bisogno di “de-macchinizzare” (essere più umani e meno macchine) una storpiatura linguistica ma che rende bene l’idea. Per anni lo sport si è incentrato esclusivamente su come ottenere la massima prestazione focalizzandosi su tecnicismi esasperati e sulla metodologia dell’allenamento come dogma assoluto. L’atleta in quando “essere” è diventato solo “fare..fare…fare..e rifare”. Giusto ? Sbagliato ? Sinceramente non so, ma i risultati riportati dalle federazioni sportive sono un grande e continuo aumento del drop-out sportivo. Tutto questo deve far riflettere tutta la categoria di coloro che lavorano nel mondo sportivo agonistico. Bisogna capire qualcosa in più, senza pretendere solamente l’esaurimento fisico e mentale, dei nostri atleti. Non credo che esistano soluzioni a pacchetto ma come sempre bisogna interrogarsi e capire meglio dove si vuole andare e soprattutto se si vuole andare in questa direzione. A buon intenditor …. poche parole.
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